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Dottore, mio figlio si fa la cacca addosso, ma parla perfettamente inglese!

Un tempo si parlava di scontro generazionale, un divario incolmabile tra genitori e figli perché dettato da un'età diversa, esperienze diverse e soprattutto ruoli diversi. Un tempo non ci si chiedeva se fosse giusto o sbagliato proibire un gioco ad un bambino o un'uscita ad un adolescente. Si faceva e basta. Un tempo si accettavano le regole genitoriali con una protesta più o meno velata... Insomma si viveva in un clima di proibizionismo, dove la rigidità affettiva e relazionale lasciava poco spazio alla definizione di sé, alle proprie aspettative per rispondere a quelle genitoriali.. per ripagare i sacrifici di una madre e di un padre, si facevano tacere i propri bisogni..
Opinabili e più o meno discutibili i benefici di un rapporto basato su tali premesse, eppure di certo un tempo era maggiore la facilità di accettare la frustrazione del sentirsi dire no da un genitore e del dire no ad un figlio. Col passare del tempo cosa è cambiato? Come mai questo divario generazionale è più difficile da tollerare da entrambe le parti? Come è cambiata la relazione genitori-figli?
Si assiste ad una conflittualità quasi alla pari dove il genitore perde la sua funzione educativa e di punto di riferimento e il figlio perde addirittura il diritto a sbagliare e a ricevere una guida. Non c'è più spazio per la differenziazione delle competenze cognitive, emotive, relazionali, quasi a sfidare le tappe evolutive. Tutto si accorcia, i primi passi, le prime parole, il leggere e far di conto.. Proprio oggi, nel ventunesimo secolo, dove la ricerca permette di dare maggiormente spazio alle relazioni e alle emozioni si cade nella trappola dell'appiattimento generazionale, si cade nella trappola del senso di colpa. Sì, del senso di colpa: l'iperattività lavorativa, cognitiva, emotiva, relazionale restringe i tempi familiari, assottiglia il confine generazionale e alza l'asticella delle aspettative: da una parte genitori belli, buoni, super-efficienti, dall'altra figli super-competenti. Ma non sarà che proprio questa ricerca narcisistica del genitore perfetto e del figlio super-competente mette a repentaglio la relazione genitore-figlio?
Là dove c'è la pretesa di annullare quasi il divario generazionale si genera confusione e si rischia di perdere il dovere/diritto di mettere e ricevere delle regole. Si dimentica che i genitori hanno diritto a sbagliare, proprio perchè hanno il dovere di educare; si dimentica che i figli hanno il diritto di crescere e che le tappe evolutive hanno un loro passaggio obbligato, spesso surclassato, in luogo di disfunzionalità. In alcuni casi si viene a creare una disarmonia evolutiva, dove le alte competenze linguistiche e cognitive non vanno di pari passo con lo sviluppo emotivo e relazionale, intaccando anche la sfera delle autoregolazione (sfinteri, regolazione sonno-veglia, umore...). Si dimentica che educare un figlio comporta mantenere la "giusta distanza" tra desiderio e frustrazione, stimolando creatività e immaginazione , fondamentali per l'apprendimento.
Bisogna rimpiangere il passato? Anacronistico e assolutamente non auspicabile. Allora che fare? La parola chiave che oggi si sente spesso ripetere nelle scuole, nei tribunali, nei centri famiglia, parrocchie è "sostegno alla genitorialità".
Sostenere la genitorialità comporta ridare il ruolo di genitori al padre e alla madre e il ruolo di figli ai figli. Sostenere la genitorialità comporta tollerare la frustrazione di ricevere un no e la frustrazione di dare un no. Sostenere la genitorialità comporta sostenere il divario di ruoli, età, educazioni e generazioni. Sostenere la genitorialità significa sostenere quella "giusta distanza" necessaria anche per leggere un libro, nè troppo vicino, nè troppo lontano. Questo è auspicabile.

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